Rimozione della CO2: servono maggiori investimenti in nuove tecnologie

Aumentare la rimozione della CO2 è una priorità urgente se vogliamo raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, ma sono ancora troppo pochi i Paesi che hanno individuato strategie, investimenti ed obiettivi che vanno in questa direzione.

Rimozione della CO2

La CDR, acronimo inglese di carbon dioxide removal, è il processo tramite il quale si  cattura la CO2 dall’atmosfera e si stocca in modo duraturo sulla terraferma, nell’oceano, in formazioni geologiche o in prodotti. Aumentare la rimozione dell’anidride carbonica è una priorità urgente se vogliamo raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, ma sono ancora troppo pochi i Paesi che hanno individuato strategie, investimenti ed obiettivi che vanno in questa direzione.

Lo dichiara il Rapporto “State of Carbon Dioxide Removal” dell’Università di Oxford, che analizza il ruolo della CDR nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Oggi, dichiara il Rapporto, le attività di CDR rimuovono dall’atmosfera 2 miliardi di tonnellate di CO2, circa il 5% della quantità totale. Ma la quasi totalità delle attività di rimozione deriva da CDR “convenzionale”, principalmente attraverso l’imboschimento, il rimboschimento e la gestione delle foreste esistenti. Solo lo 0,05% deriva da metodi non convenzionali.
Secondo i ricercatori di Oxford, per rimanere il linea con quanto previsto dall’Accordo di Parigi, sarà necessario raddoppiare la capacità di stoccaggio della CO2 degli ecosistemi ma soprattutto aumentare di 1.300 la capacità di CDR non convenzionale.

Rimozione della C02, servono maggiori investimenti in nuove tecnologie

Secondo gli scienziati, entro il 2030 c’è bisogno di una capacità aggiuntiva di rimozione della CO2 di 0,96 miliardi di tonnellate l’anno. Al 2050, lo scenario diventa ancora più complesso perché si stima sia necessario rimuovere dall’atmosfera  4,8 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Uno sforzo irraggiungibile senza la crescita di CDR non convenzionali come DACCS, Direct Air Carbon Capture and Storage, Biochar e BECCS, Bioenergy with carbon capture and storage.

Per questo, continua il Rapporto, sarà necessario continuare ad investire in ricerca e sviluppo. Tra il 2010 e il 2022 nel settore CDR sono stati investiti circa 4 miliardi di dollari. Ma i finanziamenti sono concentrati in poche regioni del mondo. Gli Stati Uniti, con il progetto dedicato alla creazione di un hub per le tecnologie di cattura diretta di CO2 dall’aria (DAC, Direct Air Capture) sono il Paese che assorbe la quasi totalità delle risorse, mentre la Cina è il Paese con il più alto numero di brevetti registrati.

Esempi di CDR non convenzionale

DACCS, Biochar e BECCS, sono solo alcune delle tecnologie di CDR non convenzionali e che pian piano stanno diventando oggetto di studi e ricerche sempre più diffusi.

Il DACCS, Direct Air Carbon Capture and Storage, prevede la rimozione meccanica dell’anidride carbonica dall’atmosfera, la successiva compressione e stoccaggio geologico o utilizzo per realizzare prodotti di lunga durata come il cemento.

Il Biochar è carbone vegetale prodotto da materiali di scarto come biomassa e rifiuti organici. Viene generato attraverso la pirolisi e durante questo processo, circa metà del carbonio presente nella biomassa viene intrappolato e trattenuto nella sua struttura altamente stabile. Sull’utilizzo della biomassa si basa la BECCS, Bioenergy with carbon capture and storage, il processo che impiega la biomassa come fonte di energia e la cattura e lo stoccaggio permanente della CO2 prodotta durante la conversione della biomassa in energia.

Per il futuro, conclude il Rapporto, sono necessarie delle valutazioni: sarà necessario espandere la comunità di esperti e condividere i dati per ampliare la conoscenza, le prospettive e le esperienze che guidano lo sviluppo del CDR. Occorrerà migliorare la disponibilità di dati su progetti CDR, piani e investimenti e in ultimo sarà necessario affinare l’analisi attorno a definizioni e metodi più completi, coerenti e comparabili.

Fonte: Infobuildenergia

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