Difficoltà di assumere – il costo per le imprese
Una delle principali sfide per le aziende è data dalla difficoltà di reperire professionalità con competenze specifiche, come confermato anche dai dati emersi dall’indagine Excelsior per l’inizio dell’anno 2023.
Diventa quindi indispensabile ottimizzare l’intero processo di Recruiting per individuare nel mercato in tempi rapidi profili specialistici con elevate competenze.
Consulmarc Sviluppo affianca le realtà aziendali nel processo di ricerca, selezione e inserimento di profili specializzati e tecnici, che sono molto spesso proprio quelli di maggior difficoltà di reperimento all’interno del Mercato del Lavoro.
Dal report sopra citato sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine aggiornato al quinquennio 2023-2027, diffuso da Unioncamere ed Anpal, emerge come la fatica che le imprese fanno sempre più al fine di soddisfare il loro fabbisogno di professionalità si traduce in un costo per le imprese stimabile pari a 37,7 miliardi di euro nel 2022, e cioè corrispondente ad una quota del 3,1% in rapporto a quanto generato complessivamente all’anno dalle filiere dell’industria e dei servizi.
La difficoltà di reperimento del personale nel 2022 ha riguardato circa il 40% delle assunzioni ed è destinata ad aumentare ulteriormente anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto degli investimenti che sono stati conseguenti all’attribuzione dei fondi previsti dal Pnrr.
Le filiere produttive per cui si è stimato un costo per le imprese maggiore, dovuto al ritardo nell’inserire i lavoratori ricercati, sono state quelle dei servizi operativi, commercio/turismo e costruzioni/infrastrutture, considerando anche il fattore non trascurabile che alcuni di questi settori sono soggetti ad un elevato fisiologico turnover occupazionale legato alla stagionalità.
Analizzando invece le posizioni più richieste, si tratta degli ingegneri e tecnici in campo ingegneristico che saranno richiesti sia dai servizi di consulenza alle imprese sia dalla filiera della meccatronica e robotica; i tecnici della salute, i medici e le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali che saranno essenziali per mantenere operative le strutture di assistenza medica di vari livelli, gradi e tipologie. Invece i tecnici ICT e gli specialisti in scienze matematiche e informatiche saranno assorbiti in modo trasversale dai diversi settori coinvolti nella transizione digitale e da quella ecologica.
Per queste figure si può ipotizzare che – se non aumenterà l’offerta – cresceranno le criticità nel loro reperimento nel mercato del lavoro (critical mismatch). Tali criticità potrebbero ridurre l’effetto degli investimenti del PNRR a causa dei probabili “colli di bottiglia” per la mancanza del personale necessario alla realizzazione delle diverse azioni del Piano.
Se tra le conseguenze di questo disallineamento tra competenze e preparazione (skill gap) e per la mancanza di candidati (shortage gap), vi sono evidenti tensioni di tipo sociale dovute al crescente divario tra la preparazione effettiva e le skill richieste per i posti di lavoro resi disponibili da un mercato del lavoro in continua trasformazione, non meno importate è la valutazione di quanto questo fenomeno incida in termini economici.
Dall’analisi per competenze, infine, rileva che tra il 2023 e il 2027 sarà richiesto dalle imprese e dalla PA il possesso di competenze green con importanza almeno intermedia a poco meno di 2,4 milioni di lavoratori (il 65% del fabbisogno del quinquennio) e con importanza elevata ad oltre 1,5 milioni di unità (oltre il 41% del totale).
Il processo di transizione del sistema economico in chiave di sostenibilità coinvolgerà in maniera trasversale i settori e le professioni, tanto le figure tecniche quanto quelle a minore specializzazione. Infatti, la competenza green è, innanzitutto, un’attitudine che dovrà essere integrata a tutti i livelli professionali e formativi.
Il costo per le imprese del mismatch rischia di aumentare nei prossimi anni in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: le transizioni digitale e green unite all’andamento demografico discendente.
Quest’ultimo, com’è noto, comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici e quindi delle uscite dal mercato del lavoro, sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa per l’invecchiamento della popolazione (secondo le previsioni Istat fino al 2030 la popolazione di 18-58enni diminuirà ad un tasso dell’1% annuo), aumentando lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita.