Situazione dell’occupazione: situazione della componente femminile in Veneto

Situazione dell’occupazione: situazione della componente femminile in Veneto

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Situazione dell’occupazione: situazione della componente femminile in Veneto

Nel mercato del lavoro regionale le dinamiche occupazionali sono tornate ad essere positive alimentando una nuova espansione degli occupati e delle posizioni lavorative, recuperando le pesanti ripercussioni della situazione pandemica e nonostante il persistere di un clima di forte incertezza. La rinnovata vivacità della domanda di lavoro dipendente registrata nel corso dell’ultimo biennio ha interessato in maniera significativa sia gli uomini che le donne, stimolando in entrambi i casi un importante recupero dei livelli di attività.

Come ampiamente documentato nei report di monitoraggio periodico, i recenti trend occupazionali si sono contraddistinti – pur in presenza di una mobilità nel mercato del lavoro che comunque rimane elevata e di persistenti difficoltà nel reclutamento dei lavoratori in molti settori – per un marcato rafforzamento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Le dinamiche particolarmente positive registrate per il tempo indeterminato hanno interessato in buona parte anche la componente femminile, con livelli di crescita importanti soprattutto nel corso dell’ultimo anno; anche se permangono le criticità strutturali legate all’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e alle differenti modalità e opportunità di partecipazione rispetto agli uomini.

Osservando separatamente le variazioni annue registrate per le donne e gli uomini si nota come per le prime il saldo cumulato relativo al tempo indeterminato sia rimasto sempre positivo, mostrando un andamento simile a quello complessivamente registrato nell’analogo periodo nei servizi, in cui le lavoratrici sono tipicamente in prevalenza occupate.

Concentrando l’osservazione sugli anni più recenti si nota che nel 2020 e nel 2021 il contributo della componente femminile all’aumento delle posizioni di lavoro dipendente ha prevalso su quello maschile, che storicamente registra saldi più favorevoli. Considerando l’ultimo quinquennio, il 2021 si contraddistingue per una particolare crescita del tempo indeterminato rispetto alla quale le donne hanno guadagnato più posizioni degli uomini (rispettivamente +4.500 e +3.200).

L’ultimo anno si è chiuso con un incremento di +29.000 posti di lavoro dipendente; un valore prossimo ai livelli pre-pandemici del 2019 quando il saldo era stato di +29.600 unità. Sebbene il volume delle posizioni guadagnate nel 2022 sia circa la metà di quelle guadagnate nel corso del 2021 (+59.000 unità), il contributo delle diverse tipologie contrattuali è nettamente differente. Nel 2021 la ripresa post-pandemia si è delineata in una crescita marcata dei contratti a termine i quali, con un saldo di +40.500 posizioni a tempo determinato e +12.000 del lavoro somministrato, hanno trainato il bilancio positivo complessivo del lavoro dipendente.

Il 2022 è stato invece caratterizzato da saldi negativi nei contratti a termine, contrapposti ad un incremento delle posizioni a tempo indeterminato pari a +38.500 unità. Le donne hanno registrato, da un lato variazioni negative nel lavoro a termine più contenute rispetto a quelle degli uomini, dall’altro un importante guadagno – pur inferiore a quello rilevato per la componente maschile (+16.000) – delle posizioni a tempo indeterminato.

Si è invece registrata una vigorosa mobilità associata a questa tipologia contrattuale, sia in ingresso che in uscita, con variazioni tendenziali positive sia rispetto ai livelli del 2019 che a quelli del 2021. Nonostante sia stata la componente maschile ad aver guadagnato più posti di lavoro a tempo indeterminato nell’ultimo anno, è per la componente femminile che si registrano i maggiori incrementi delle movimentazioni: gli ingressi delle donne al tempo indeterminato sono aumentati del +10% sul 2019 e del +31% sul 2021, contro rispettivamente il +6% e +28% degli uomini.

Per questi ultimi si rileva una leggera riduzione delle qualificazioni da apprendistato e delle trasformazioni a tempo determinato rispetto al 2019, mentre per le donne un aumento delle stesse (+4%). La componente femminile mostra una crescita superiore a quella maschile anche nella mobilità in uscita, con un incremento delle cessazioni del +25% sul 2019 (+11% per gli uomini). A segnare l’incremento più significativo sono le cessazioni volontarie: le dimissioni sono infatti aumentate del +19% sul 2019 e di ben +46% sul 2021 (per gli uomini invece del +12% e +28%).

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